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Giuseppe, da un centro di cura a un altro: le difficoltà dei suoi genitori per non abbandonarlo mai

Insieme a mio marito scrivo questa lettera per raccontare l'esperienza vissuta dalla nostra famiglia in quasi quattro anni di calvario. Si, perché proprio di calvario si è trattato.

Il 28 marzo del 1998 nostro figlio Giuseppe, che ora ha 26 anni, ha avuto un brutto incidente stradale in cui ha perso la vita una sua amica, Laura, e un suo amico, Andrea, è rimasto ferito insieme a lui. Dopo quasi due anni Andrea è guarito, anche se ha subito l’asportazione della milza.

Giuseppe, invece, a tutt’oggi non è ancora autosufficiente perché deve appoggiarsi alle stampelle per camminare e ha ancora molti problemi fisici che sta affrontando con un intenso programma di riabilitazione. E pensare che prima di quell’incidente era un paracadutista militare della Folgore, un vero sportivo e un appassionato al suo lavoro. In ogni caso ringrazio Dio per averlo ancora vivo accanto a me.

Appena subito l’incidente, nostro figlio fu ricoverato per tre mesi in stato di coma all’Ospedale S. Camillo di Roma; quando fu dimesso, lo portammo all’Ospedale S. Anna di Crotone in Calabria, dove siamo rimasti tutti insieme per altri quattro mesi. Nel reparto di terapia semi-intensiva pian piano Giuseppe ha cominciato a migliorare, pur continuando ad avere problemi assai seri e dovendo sottoporsi a interventi tipo la tracheostomia o il sondino naso-gastrico. Però anche in questa fase di indubbio miglioramento rimaneva sempre una sorta di "tronco umano", poiché aveva gambe e braccia rigide e la testa completamente girata su un lato.

Dopo questa permanenza a Crotone, con tutte le difficoltà facilmente immaginabili, siamo arrivati a Roma, dove Giuseppe è stato accettato dall’Istituto di Riabilitazione Santa Lucia e affidato alla Dottoressa Rita Formisano, veramente competente in fatto di traumatizzati cranici; qui è stato curato molto bene.

Per noi familiari è stato uno stress terribile, poiché oltre al dolore per vedere nostro figlio ridotto in quello stato dovevamo fare tutti i santi giorni su e giù dal nostro paese, Fabbrica di Roma, per venire a trovarlo e assisterlo: aveva, infatti, bisogno di tutto e, soprattutto, della nostra vicinanza.

Dopo essere stato nuovamente dimesso, per decorrenza di termini, Giuseppe è stato ricoverato per altri sei mesi alla Clinica Villa Immacolata di S. Martino a Viterbo; per noi è stato un altro periodo di pendolarismo tra la nostra casa e questo nuovo luogo di degenza. Dimesso anche da lì, siamo ritornati al Santa Lucia, questa volta in day hospital, per altri dieci mesi; in quest’occasione però, con mia grande sorpresa, sono venuta a sapere che nel frattempo era sorta "Casa Dago", una struttura che è come una casa di accoglienza per chi, come nel nostro caso, viene da fuori e non sa dove andare. A Casa Dago io e mio figlio abbiamo trovato alloggio, assistenza e tanto affetto; mio marito - che non vede più tanto bene - si è potuto così risparmiare quei viaggi quotidiani, evitando altra fatica e rischi.

In questa struttura, realizzata appositamente per i post-comatosi come Giuseppe, ci siamo trovati benissimo. Ci siamo sentiti quasi come a casa nostra e in più protetti: avevamo tutte le comodità - come il pulmino che ci portava all’ospedale per fare la riabilitazione e poi veniva a riprenderci - la nostra stanza – confortevole, con angolo cottura e bagno interno – e in più eravamo liberi di uscire. La psicologa di casa Dago, la dolcissima dottoressa Federica Bruni, infatti si è sempre adoperata per condurre i ragazzi al cinema, a mangiare tutti insieme una pizza o addirittura in visita a mostre interessanti. Insomma, veramente un’organizzazione molto efficiente e una dimensione umana e coinvolgente.

Alla Signora Maria Elena Villa, ideatrice del progetto, bisognerebbe fare un monumento: infatti questa madre, dopo aver avuto un’esperienza simile ma ancora più tragica della mia, invece di rinchiudersi in sé stessa, ha avuto forza, sensibilità, umanità e coraggio esemplari. Anziché pensare solo al suo dolore, ha pensato di lenire quello degli altri e di aiutarli a recuperare il più possibile il proprio caro.

Tutta la nostra famiglia, Giuseppe per primo, deve molto ad questa donna tanto disponibile. Di persone così ce ne sono poche. Noi siamo stati fortunati ad incontrarla.

Annunziata Moroni - Fabrica di Roma

N.B.) Chiunque volesse mettersi in contatto con Giuseppe e la sua famiglia può rivolgersi all'A.R.C0.92 Onlus che provvederà ad inoltrare la richiesta.

Laura - Salve a tutti, mi chiamo Laura e frequento Casa Dago da 3 anni. All'inizio ero molto scettica ...

Roberto - Dopo il Coma, Ora anch’io sono un volontario, la mia esperienza aiuta gli altri a tenere duro

Davide - L’importante è non perdere mai l’ottimismo e la speranza

Mariagrazia - La vita è un dono prezioso

Alessio e Antonietta - gli angeli non vivono solo in paradiso

Patrizia - un aiuto per andare avanti

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