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«I PAZIENTI POST-COMATOSI FINIRANNO PER STRADA»

da IL TEMPO del 19/09/2016

Con decreto della giunta regionale n. 182 del 14 aprile 2016 vengono definiti i criteri minimi per l’apertura ed il funzionamento del servizio permanente per la reintegrazione familiare e sociale del paziente post-comatoso. «Ma, nonostante questa legge, ad oggi non riusciamo ad ottenere un finanziamento definitivo. Tra poco ci troveremo in mezzo alla strada con tutti i nostri pazienti, le loro famiglie, i mobili, con la nostra rabbia e con la disperazione di chi non trova altri sostegni. Aiutateci a non farci morire!».

È il grido di disperazione lanciato da Maria Elena Villa, responsabile di «Casa Dago», l'unica struttura che c'è in Italia per il reinserimento familiare, sociale e scolastico-lavorativo del paziente post-comatoso. Il servizio è stato realizzato a Roma grazie alla Regione Lazio e istituito con Legge Regionale 07 Giugno 1999, n. 6. Obiettivo: promuovere e mettere in pratica le potenzialità e capacità residue del paziente post-comatoso, riacquistate durante il periodo di riabilitazione ospedaliera, affinché possa essere il più autonomo possibile, con progetti specifici di riqualificazione lavorativa e, in prosecuzione del progetto riabilitativo in regime di day hospital, venendo in soccorso anche dei familiari. Successivamente, sono nate una serie di difficoltà.

«C’è stato il dimezzamento del finanziamento che la Regione Lazio impegna per il 2012 e il 2013. Ciò ha aperto una situazione di incertezza che ha condotto l’associazione ad indebitarsi pur di garantire la prosecuzione del servizio», spiega Villa. «La struttura è sotto sfratto esecutivo e l’associazione è insolvente verso molti operatori per stipendi e contributi pregressi, e ha pure accumulato debiti con l’Agenzia delle Entrate per mancati versamenti di contributi». «Da un punto di vista finanziario – prosegue Villa - l’ultima erogazione della Regione, a marzo 2015, riguarda la metà del finanziamento; gli ulteriori 100 mila euro si sono persi nei meandri del bilancio, spostati al 2015, ed il loro esito rimane ancora del tutto incerto. Nulla è stato impegnato sul bilancio 2014 e 2015. Il 23 giugno 2015 ci è stato notificato il secondo preavviso di rilascio dell’immobile, sede dell’associazione».

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PAZIENTI POST-COMATOSI: 'ZINGARETTI SMETTA DI GIOCARE SULLA PELLE DEI MALATI'

da IL GIORNALE D'ITALIA del 19/09/2016

Storace accusa il presidente della Regione e spera nella sensibilità del suo braccio destro Smeriglio per salvare Casa Dago

Un altro allarme sul futuro di Casa Dago è stato lanciato da Maria Elena Villa, responsabile di Casa Dago, prima struttura in Italia per la reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa dei pazienti post-comatosi.

Infatti la responsabile ha nuovamente segnalato dalle colonne de Il Tempo le mancate erogazioni alla struttura dei finanziamenti da parte della Regione Lazio. Un problema che persiste da tempo e in parte risolto grazie a un emendamento approvato nell'ultima legge finanziaria presentato da Francesco Storace, insieme al vicepresidente della Regione Smeriglio, che prevede lo stanziamento di 400mila euro per casa Dago.

E il vicepresidente del Consiglio regionale e capogruppo de La Destra è tornato sulla vicenda: "Faccio appello alla sensibilità del vicepresidente della Giunta, Massimiliano Smeriglio, insieme al quale ho lavorato per consentire a Casa Dago di poter avere il supporto della Regione per continuare ad assistere i suoi pazienti, affinché questa struttura fondamentale per l’assistenza di persone, specialmente ragazze e ragazzi con enormi problemi fisici e psichici, non chiuda per carenza di fondi. La Giunta Zingaretti, con questi giochini, sta uccidendo una realtà fondamentale per l’assistenza di questi pazienti: mancano 100mila euro che pure erano stati promessi e stanziati mentre aumentano i debiti, anche verso l’agenzia delle entrate. Smeriglio era con me durante l’ultima visita a Casa Dago, sono certo che non fosse solo una passerella mediatica. Ora è il momento di dimostrarlo”.


Sfrattati I Ragazzi Cerebrolesi Gravi Di Casa Dago Mentre Le Istituzioni Ignorano Tutti Gli Appelli

A rischio sfratto e chiusura l’unica struttura in Italia in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini post comatosi e dei loro familiari

Comunicato Stampa del 13/10/2015

I ragazzi di Casa Dago, cerebrolesi gravi, ed i loro familiari sono a rischio di sfratto, da l’unica struttura in Italia in grado di accoglierli, a Roma, che si avvia alla chiusura. Questo a causa del continuo silenzio da parte degli interlocutori di un progetto nato anche grazie alla Regione Lazio, e che ora vede il totale abbandono da parte degli interlocutori, politici, funzionari, direttori e assessori vari.

L' Associazione A.R.Co92 Onlus, fondata da Maria Elena Villa nel 1992 dopo la morte del figlio Alfredo, “Dago”, dopo tre mesi di coma, istituisce nel 1999 CASA DAGO, una struttura de-medicalizzata in grado di accogliere il paziente post-comatoso ed un suo congiunto nel delicato momento della dimissione dall'ospedale di riabilitazione, e con lo scopo di aiutare le persone e le famiglie che si trovano ad affrontare il difficile cammino dal coma. Da quindici anni la Struttura gestisce un servizio che accoglie i pazienti post-comatosi e li rieduca alla vita, a convivere e vivere nella loro nuova condizione, reinserendoli nella vita familiare, assistendoli concretamente nella reintegrazione familiare, sociale e lavorativa e aiutando la famiglia ad accettare la nuova situazione del proprio congiunto, fornendo poi un riferimento certo per tutte le necessità.

La Regione Lazio, anche se in fase alterne, da oltre quindici anni sostiene Casa Dago, assieme ai diversi interlocutori che si sono nel tempo avvicendati nella Direzione politica a che hanno sostenuto il progetto. Tuttavia, dal 2011, il finanziamento pubblico è stato dimezzato senza preavviso, e poi addirittura interrotto da due anni, portando l’Associazione allo stremo, oberata dai debiti di cui si è fatta carico per non chiudere e vicina allo sfratto esecutivo.

Gli interlocutori preposti, politici, funzionari, direttori, assessori, ormai non rispondono più alle richieste e la Presidente di Casa Dago, assieme agli ospiti ed i famigliari, sono arrivati alla disperazione. Disperati perché sommersi dai debiti accumulati a causa della Regione Lazio, disperati perché nulla si sa della liquidazione della seconda quota del 2013 pari a 100.000,00 euro, a suo tempo formalmente impegnata e destinata a Casa Dago, disperati perché, malgrado le promesse, nulla è stato impegnato per il 2014 – 2015. Disperati perché tra breve saranno costretti a mettere per strada gli ospiti, le loro famiglie, i mobili, le attrezzature, i documenti e la storia di una vita dedicata al aiuto e al sostegno del prossimo in difficoltà.

L’Associazione chiede ufficialmente un aiuto, un intervento ai vertici regionali per consentire alla Struttura di continuare nella sua missione e di garantire a chi soffre un minimo di aiuto che le amministrazioni pubbliche non sono in grado di dare.

I gravi disabili, fascia delicatissima del nostro tessuto territoriale, vanno protetti e aiutati: non sbattuti per strada!

 

Salvate “Casa Dago”: una realtà unica
Il Giornale d'Italia del 08/05/2015

I rappresentanti dell'associazione che gestisce il Centro sono stati ascoltati dalla commissione Salute e Politiche sociali della Regione Lazio

Lo spettro chiusura è dietro l’angolo: i finanziamenti sono stati dimezzati, mentre i pagamenti arretrati latitano. Eppure il progetto “Casa Dago”, approvato dalla giunta Storace, è una realtà unica a livello nazionale, che si occupa del reinserimento sociale dei pazienti post-comatosi. Nonostante le difficoltà economiche, “Casa Dago” ha continuato ad operare. Da molto tempo, però, non riesce a pagare nemmeno la retta di affitto mensile della struttura. 

E così, martedì scorso, i rappresentanti dell’associazione che gestiscono il progetto, l’A.R.Co 92, sono stati ascoltati dai membri della VII Commissione Sanità e politiche sociali della Regione Lazio. La minaccia è reale: per il proseguo dell’eccellente servizio occorrerebbe uno sforzo economico dell’ente per far sì che questa realtà regionale continui a garantire alle utenze un servizio importante quanto indispensabile.

Il Sistema sanitario nazionale, infatti, non prevede strutture dedicate alla cura dei pazienti post-comatosi in fase di transizione tra terapia riabilitativa, ospedaliera e ritorno al proprio domicilio. Per far fronte a questa lacuna è stato avviato il “Progetto Dago”. “Casa Dago” è la prima struttura in Italia per la reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa del paziente post-comatoso.

Nella maggior parte dei casi, però, in relazione alla durata del coma e alle lesioni celebrali, i pazienti subiscono danni incontrovertibili. Modifiche sostanziali alla loro personalità, tali da renderli irriconoscibili ed intrattabili. Non più autosufficienti, di difficile - purtroppo - accettazione e gestione da parte dei loro familiari.

Una tragedia che non trova risposte se non nell’assistenza riabilitativa motoria. 

Per questo l’associazione ideò “Casa Dago”, una struttura demedicalizzata dotata di otto miniappartamenti, ognuno con 2 posti letto e bagno attrezzato per disabili. Unica nel suo genere, in grado di accogliere il paziente post-comatoso, e un suo familiare, per sostenerlo nel delicato momento della dimissione dall’ospedale di riabilitazione e assisterlo concretamente nella reintegrazione familiare, sociale e lavorativa. Ci sono anche gli spazi comuni (sala da pranzo, soggiorno, sala TV, aule corsi, giardino) che favoriscono la socializzazione, tutti privi di barriere architettoniche. 

“Casa Dago” favorisce così il reinserimento domiciliare del paziente. Il passaggio dall’unità post-coma nella struttura avviene quando il paziente ha recuperato una parziale autonomia e un familiare non si sente ancora pronto, o non è in grado, di riaccoglierlo direttamente a casa, proseguendo il trattamento riabilitativo in regime di day hospital.

La struttura è funzionalmente collegata al vicino Irccs Santa Lucia, altamente qualificato nella riabilitazione neuromotoria. Non solo, per i pazienti che devono sottoporsi a terapie riabilitative e per le attività ricreative esterne è a disposizione un pulmino attrezzato.

Una realtà che andrebbe valorizzata, senza tagli e ritardi nei pagamenti.

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La Burocrazie "grazia" la Casa dei Risvegliati.
Avvenire - 15 aprile 2012 , di Lucia Bellaspiga

 

SOS DA ROMA La casa dei risvegliati muore di burocrazia
Avvenire - 4 aprile 2012, Cronaca, di Lucia Bellaspiga

«Strangolata dalla burocrazia e uccisa dagli impegni sottoscritti dalle istituzioni e mai mantenuti, "Casa Dago" sta per chiudere i battenti». Così inizia la lettera-appello indirizzata alla Regione Lazio da ben 37 associazioni di famiglie con pazienti in stato vegetativo, con trauma cranico e gravi cerebrolesioni acquisite: praticamente tutte quelle operative nel nostro Paese. L'alta adesione e i toni drammatici spiegano bene l'urgenza dell'appello: Casa Dago, infatti, è l'unica struttura esistente in Italia per il reinserimento familiare, sociale e lavorativo delle persone riabilitate dopo un coma, e altrettanto unico è il progetto sociale che vi si opera all'interno grazie all'associazione Arco '92. «Gli operatori non percepiscono retribuzione da un anno e mezzo, l'ultimo pagamento dalla Asl Rm C, che secondo gli accordi dovrebbe essere regolato a trimestri anticipati, risale al settembre 2010», fanno sapere da Casa Dago. Così nel frattempo i debiti sono cresciuti a valanga, le banche sollecitano i pagamenti con tanto di interessi, l'Inps manda multe per ritardati pagamenti e, ironia della sorte, ora si è fatta sentire anche Equitalia, mentre - dal 28 febbraio 2012 - è anche scaduto il contratto con gli operatori, gli stessi non stipendiati dal settembre 2010, ai quali naturalmente non è stato rinnovato.

Restano invece al loro posto, bisognosi di tutto, gli ottanta pazienti - tra interni ed esterni - che quotidianamente da Casa Dago dipendono proprio per riprendere quella vita che, nelle varie Giornate dei Risvegli, viene celebrata con grande enfasi e progetti per il futuro. «Qui non abbiamo neanche il presente», ribatte Elena Villa, presidente di Arco '92 (Associazione per la riabilitazione del comatoso), che lancia un Sos alla Regione per chiedere due cose: il pagamento dei fondi regionali dovuti, e il ritorno del Progetto Dago nell'ambito dell'assessorato ai Servizi sociali anziché dell'assessorato alla Sanità. Particolare non da poco, perché proprio la natura sociale - e non sanitaria - del progetto legittima le attività che vi si svolgono e dunque le spese sostenute: «I nostri pazienti - continua la presidente - sono persone che, conclusa la riabilitazione, mantengono esiti cognitivo-comportamentali o motori gravi, così noi insegnamo alle famiglie la gestione del paziente post comatoso, e trattiamo il paziente stesso con attività riabilitative come reinserimento scolastico, giardinaggio, pittura, pet therapy, visite a musei, gite, cinema, cene di gruppo, ripresa della guida automobilistica...». Non sono hobby: è la vita che riprende. O riprendeva, quando i quindici dipendenti c'erano ancora. «Adesso andiamo avanti solo grazie a volontari». Un po' poco, per una struttura unica in Italia...
Questo il percorso che, secondo gli accordi, i fondi dovrebbero seguire: la Regione li dà all'Asl, che paga il canone d'affitto e le utenze, e passa 53mila euro a trimestri anticipati a Casa Dago per stipendi e attività. Ma i controlli sulle fatture presentate da Casa Dago all'Asl hanno "rallentato" i pagamenti, al punto da bloccarli del tutto. «Non è bastato nemmeno sottostare a una serie di tagli - sostiene la presidente -: per l'ultimo trimestre 2010 anziché 53mila euro ce ne hanno concessi 20mila... ma nemmeno quelli abbiamo visto. Poi per tutto il 2011 sono stati stanziati 200mila euro, infine ridotti a soli 100mila... mai arrivati».

Inutile per tutto il giorno chiedere di parlare con gli amministratori regionali: "La struttura non rischia la chiusura - ci assicura solo a sera con una nota scritta l'assessorato alla Salute del Lazio, che non accetta colloquio verbale -, i problemi finanziari sono riconducibili a delle anomalie contabili che richiedono un approfondimento da parte della Asl". Così complesso da richiedere anni. "L'assessorato sta lavorando per risolvere le criticità finanziarie di Casa Dago", continua la nota, che non spiega l'ottimismo per cui "la struttura non rischia di chiudere" e nemmeno come potrà tirare avanti senza un solo dipendente, ma garantisce che "strutture come Casa Dago godono della massima attenzione da parte di questa amministrazione, che tra gli altri impegni sta lavorando alacremente per cercare di trovarle spazi più idonei per la presa in carico dei pazienti". Nel frattempo le 37 associazioni firmatarie dell'appello -  riunite in Fnatc, La Rete, Vi.Ve. e Anbi (Associazione nazionale biogiuristi italiani) - si dichiarano «solidali e compatte, pronte a scendere sul piede di guerra».
Lucia Bellaspiga

“Non sbattete per strada i gravi cerebrolesi di Casa Dago”: appello alla regione Lazio"
DISABILITA' 16.28 3 Aprile 2012

E' l'unica struttura esistente in Italia per il reinserimento familiare, sociale e lavorativo. Già a febbraio scorso, oberata di debiti per finanziamenti dovuti dalla Regione Lazio, aveva lanciato un sos

ROMA - "Strangolata dalla burocrazia cieca e dai rimpalli sterili di competenze e poi uccisa da troppi impegni sottoscritti dalle istituzioni, ma non mantenuti, Casa Dago sta per chiudere i battenti". E' l'incipit della "lettera appello" indirizzata alla Regione Lazio da Casa Dago, l'unica struttura esistente in Italia per il reinserimento familiare, sociale e lavorativo delle persone con gravi cerebro lesioni. Controfirmato dalla Fnatc (Federazione nazionale associazioni traumi cranici), dalla La Rete (Associazioni riunite per il trauma cranico e gravi cerebrolesioni acquisite), da Vi.Ve. (Vita Vegetativa) e da Anbi (Associazione nazionale biotecnologi italiani) per un totale di 37 associazioni riunite, l'appello chiede di intervenire, e anche velocemente, sui ritardi di pagamento regionali che oggi mettono definitivamente in ginocchio l'intera struttura.
Già a febbraio scorso, infatti, Casa Dago aveva lanciato un Sos alla Regione per chiedere non solo il pagamento dei finanziamenti regionali dovuti e non sbloccati da oltre un anno e mezzo, ma anche il reinserimento del progetto di casa dago nel novero dei progetti sociali e non sanitari. Si chiedeva in sostanza di rispettare l'approccio sociale che Casa Dago si è data sin dalla sua costituzione e il mantenimento degli impegni sui fondi dovuti, necessari alla sopravvivenza della struttura e al pagamento di stipendi che da oltre un anno non vengono versati a operatori e dipendenti. 

"L'ultimo pagamento dalla Asl Rm C che dovrebbe essere regolato a trimestri anticipati risale - si legge infatti nell'appello - a settembre 2010. Gli operatori non percepiscono più retribuzione. I debiti si sono accumulati e l'istituto bancario che ha anticipato una fattura ne sollecita il rimborso, caricato di pesanti interessi. E sono partite multe dall'Inps per i ritardati pagamenti e adesso si è presentata anche l'immancabile Equitalia!". "Così - fanno sapere da Casa Dago - sta per morire l'unica struttura esistente in Italia per il reinserimento familiare, sociale e lavorativo delle persone con gravi cerebrolesioni e quindi anche il progetto di enorme validità sociale dell'associazione Arco '92: il contratto con gli operatori è già scaduto il 28 febbraio 2012. E così ancora pochi giorni e finiranno in mezzo a una strada le persone con la disabilità più fragile". 

Otto posti letto e quindici dipendenti: "Casa Dago" è stata inaugurata alla fine del 1999 grazie ai finanziamenti dell'assessorato ai Servizi sociali e alla Sanità della Regione Lazio, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia. Rifinanziata nel 2004 per quattro anni, è stata poi "sostenuta" nei costi dalla Asl Roma C. "Ma nel dicembre 2010 - continua l'appello - cominciarono promesse e garanzie mai più in seguito rispettate: un tunnel cioè che ormai ha condotto la struttura con un piede nel baratro. Le continue prese in giro ad oggi non hanno fatto altro che aumentare i debiti, gli interessi e creare nuovi creditori, oltre che nuovi disoccupati". "Ma qual è il fine autentico di tutto questo?" Si chiede Casa Dago nell'appello. "Le associazioni firmatarie di questo appello - al fianco di Casa Dago e "Arco '92" - invocano urgenti e immediati provvedimenti affinchè tutto ciò non si verifichi. I gravi disabili, fascia delicatissima del nostro tessuto sociale, vanno aiutati, protetti e sostenuti, non sbattuti per strada!".   

 

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